La Parola che conta: Mercoledì 2 ottobre 2024 (rito ambrosiano)
Mercoledì della settimana della V Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
Memoria dei santi Angeli custodi
EPISTOLA 2Tm 1, 1-12
Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio che io servo, come i miei antenati, con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te. Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo, per il quale io sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato.
SALMO Sal 138 (139)
Tu, o Dio, conosci il mio cuore.
Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,
intendi da lontano i miei pensieri,
osservi il mio cammino e il mio riposo,
ti sono note tutte le mie vie. R
La mia parola non è ancora sulla lingua
ed ecco, Signore, già la conosci tutta.
Sei tu che hai formato i miei reni
e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. R
Io ti rendo grazie:
hai fatto di me una meraviglia stupenda;
meravigliose sono le tue opere,
le riconosce pienamente l’anima mia. R
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi;
erano tutti scritti nel tuo libro
i giorni che furono fissati
quando ancora non ne esisteva uno. R
Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri;
vedi se percorro una via di dolore
e guidami per una via di eternità. R
VANGELO Lc 20, 27-40
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Si avvicinarono al Signore Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.
Fede, vocazione e vita sono un tutt’uno nelle parole che Paolo scrive esprimendo il suo affetto verso il discepolo Timoteo: una fede ricevuta in dono da Dio stesso, una fede vista e testimoniata dalle persone che ci amano, una fede retta capace di sostenere nelle difficoltà della vita e della testimonianza stessa, come Paolo vive descrivendone l’esperienza in queste righe. In Timoteo, poi, la fede ha portato il frutto della vocazione al ministero sacro: è la “risposta” alla chiamata del Signore ad essere testimoni credibili nel mondo con una vita che parli da sé senza troppi discorsi.
“Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono in lui”: l’affermazione di Gesù è chiara e potente, capace di chiarire una volta per tutte quanto ci attende qui ed ora e quanto troveremo nella vita eterna, oltre che nell’esperienza della risurrezione dell’ultimo giorno. Noi cerchiamo di comprendere la vita eterna e la risurrezione con categorie umane, con rapporti umani, con la nostra sola esperienza umana pensando che sia una “edizione riveduta e corretta” della vita che abbiamo in questo mondo; in realtà Gesù ci ricorda che nell’eternità non possiamo più morire perché siamo “uguali agli angeli”, “figli della risurrezione”, “figli di Dio”. Dobbiamo invocare a gran voce che lo Spirito ci aiuti a comprendere quale grande dono la sua presenza in noi già qui, una presenza che ci apre la via all’eternità, all’essere veramente figli di Dio.
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