Diario di un prete di città: la fede ai tempi del Covid-19 (7/4/2020)

Carissimo diario,

è una vita che non scrivo più niente; ma sono stato sollecitato da qualche mio vecchio amico a scrivere qualcosa in questi tempi difficili.

Parecchi anni fa mio zio mi regalò la serie completa di libri illustrati “La Chiesa e la sua storia”; uno di essi c’è un disegno che mi ha sempre colpito e che in queste settimane mi è ritornato in mente: è riprodotto dalla (orrenda) foto che ne ho fatta e che si trova proprio qui sopra. E’ il disegno di un palazzone le cui uniche finestre illuminate sono di un appartamento dove si intravede la celebrazione eucaristica di un gruppo di fedeli.

Ecco, io credo che questo tempo sia quello della celebrazione della fede “appartata”, o meglio ancora della vita di fede “appartata”: da prete mi manca la vita di comunità, mi mancano le relazioni (è il secondo “polo” della vocazione presbiterale: la gente; il primo “polo” è Gesù), ma credo che sia necessario questo sacrificio (è un termine adatto e anche molto importante per un credente, perché rimanda al Sacrificio per eccellenza, quello di nostro Signore) che mette alla prova la vita di ciascuno e anche la vita di fede.

Mi chiedo: a quanti dei credenti, dei fedeli che partecipano alla vita cristiana manca davvero la dimensione comunitaria della fede? A quanti manca la celebrazione quotidiana e festiva? A quanti manca l’incontro personale, formativo, di festa oppure della condivisione del dolore per la morte di una persona cara?

Non voglio entrare nelle polemiche della “disobbedienza civile per motivi di manifestazione legittima del sentimento religioso”, e nemmeno in quelle che definirei irresponsabili accuse di sottomissione dell’autorità religiosa a quella civile; non mi sento nemmeno in grado di giudicare la fede del fratello, figuriamoci quella dei Pastori e del Papa.

Credo, caro diario, che ognuno debba davvero fare i conti con la propria coscienza e la propria fede: davanti al Signore, in questi giorni di Settimana Autentica e di Pasqua, con onestà mi chiedo quanto c’è in me di cristiano, di fedele, di figlio amato dal Padre, di ministro sacro che rappresenta indegnamente il buon Pastore; e chiedo che ogni persona che ho incontrato, ogni persona che fa parte del popolo di Dio possa con sincerità cercare di rispondere a questa chiamata alla sequela in questo tempo, in questa Chiesa.

Tuo, affezionatissimo, donale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.