La Parola che conta: Lunedì 19 dicembre 2022 (rito ambrosiano)
II feria prenatalizia “dell’Accolto”
RUT 1, 15 – 2, 3
Lettura del libro di Rut
In quei giorni. Noemi disse a Rut: «Ecco, tua cognata è tornata dalla sua gente e dal suo dio; torna indietro anche tu, come tua cognata». Ma Rureplicò: «Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora, se altra cosa, che non sia la morte, mi separerà da te». Vedendo che era davvero decisa ad andare con lei, Noemi non insistette più. Esse continuarono il viaggio, finché giunsero a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in subbuglio per loro, e le donne dicevano: «Ma questa è Noemi!». Ella replicava: «Non chiamatemi Noemi, chiamatemi Mara, perché l’Onnipotente mi ha tanto amareggiata! Piena me n’ero andata, ma il Signore mi fa tornare vuota. Perché allora chiamarmi Noemi, se il Signore si è dichiarato contro di me e l’Onnipotente mi ha resa infelice?». Così dunque tornò Noemi con Rut, la moabita, sua nuora, venuta dai campi di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo. Noemi aveva un parente da parte del marito, un uomo altolocato della famiglia di Elimèlec, che si chiamava Booz. Rut, la moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare in campagna a spigolare dietro qualcuno nelle cui grazie riuscirò a entrare». Le rispose: «Va’ pure, figlia mia». Ruandò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori. Per caso si trovò nella parte di campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlec.
SALMO Sal 51 (52)
Voglio renderti grazie in eterno, Signore.
Perché ti vanti del male?
Tu ami il male invece del bene,
la menzogna invece della giustizia.
Tu ami ogni parola che distrugge,
o lingua d’inganno. R
Ma io, come olivo verdeggiante
nella casa di Dio,
confido nella fedeltà di Dio
in eterno e per sempre. R
Voglio renderti grazie in eterno
per quanto hai operato;
spero nel tuo nome, perché è buono,
davanti ai tuoi fedeli. R
ESTER 3, 8-13; 4, 17i-17z
Lettura del libro di Ester
In quei giorni. Amàn disse al re Artaserse: «C’è un popolo disperso tra le nazioni in tutto il tuo regno, le cui leggi differiscono da quelle di tutte le altre nazioni; essi disobbediscono alle leggi del re e non è conveniente che il re glielo permetta. Se piace al re, dia ordine di ucciderli, e io assegnerò al tesoro del re diecimila talenti d’argento». Il re, preso il suo anello, lo dette in mano ad Amàn, per mettere il sigillo sui decreti contro i Giudei. Il re disse ad Amàn: «Tieni pure il denaro, e tratta questo popolo come vuoi tu». Nel tredicesimo giorno del primo mese furono chiamati gli scribi e, come aveva ordinato Amàn, scrissero ai capi e ai governatori di ogni provincia, dall’India fino all’Etiopia, a centoventisette province, e ai capi delle nazioni, secondo la loro lingua, a nome del re Artaserse. Le lettere furono mandate per mezzo di corrieri nel regno di Artaserse, perché in un solo giorno del dodicesimo mese, chiamato Adar, fosse sterminata la stirpe dei Giudei e si saccheggiassero i loro beni. Tutti gli Israeliti gridavano con tutte le loro forze, perché la morte stava davanti ai loro occhi. Anche la regina Ester cercò rifugio presso il Signore, presa da un’angoscia mortale. Si tolse le vesti di lusso e indossò gli abiti di miseria e di lutto; invece dei superbi profumi si riempì la testa di ceneri e di immondizie. Umiliò duramente il suo corpo e, con i capelli sconvolti, coprì ogni sua parte che prima soleva ornare a festa. Poi supplicò il Signore e disse: «Mio Signore, nostro re, tu sei l’unico! Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, perché un grande pericolo mi sovrasta. [ Io ho sentito fin dalla mia nascita, in seno alla mia famiglia, che tu, Signore, hai preso Israele tra tutte le nazioni e i nostri padri tra tutti i loro antenati come tua eterna eredità, e hai fatto per loro tutto quello che avevi promesso. Ma ora abbiamo peccato contro di te e ci hai consegnato nelle mani dei nostri nemici, perché abbiamo dato gloria ai loro dèi. Tu sei giusto, Signore! Ma ora non si sono accontentati dell’amarezza della nostra schiavitù: hanno anche posto le mani sulle mani dei loro idoli, giurando di abolire il decreto della tua bocca, di sterminare la tua eredità, di chiudere la bocca di quelli che ti lodano e spegnere la gloria del tuo tempio e il tuo altare, di aprire invece la bocca delle nazioni per lodare gli idoli vani e proclamare per sempre la propria ammirazione per un re mortale. Non consegnare, Signore, il tuo scettro a quelli che neppure esistono. Non permettere che ridano della nostra caduta; ma volgi contro di loro questi loro progetti e colpisci con un castigo esemplare chi è a capo dei nostri persecutori. ] Ricòrdati, Signore, manifèstati nel giorno della nostra afflizione e da’ a me coraggio, o re degli dèi e dominatore di ogni potere. Metti nella mia bocca una parola ben misurata di fronte al leone e volgi il suo cuore all’odio contro colui che ci combatte, per lo sterminio suo e di coloro che sono d’accordo con lui. Quanto a noi, salvaci con la tua mano e vieni in mio aiuto, perché sono sola e non ho altri che te, Signore! [ Tu hai conoscenza di tutto e sai che io odio la gloria degli empi e detesto il letto dei non circoncisi e di qualunque straniero. Tu sai che mi trovo nella necessità e che detesto l’insegna della mia alta carica, che cinge il mio capo nei giorni in cui devo comparire in pubblico; la detesto come un panno immondo e non la porto nei giorni in cui mi tengo appartata. La tua serva non ha mangiato alla tavola di Amàn; non ha onorato il banchetto del re né ha bevuto il vino delle libagioni. La tua serva, da quando ha cambiato condizione fino ad oggi, non ha gioito, se non in te, Signore, Dio di Abramo. ] O Dio, che su tutti eserciti la forza, ascolta la voce dei disperati, liberaci dalla mano dei malvagi e libera me dalla mia angoscia!».
VANGELO Lc 1, 19-25
✠ Lettura del Vangelo secondo LucaIn quel tempo. L’angelo disse a Zaccaria: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».
Rut risplende nella nebbia che avvolge la vita di Noemi: la luce che illumina è l’affetto profondo e sincero che la lega alla donna, sua suocera, costretta a ritornare al suo paese di origine per non aver più nessuno lì dove abita ora. Rut risplende anche di quello “spirito di adattamento” che è dettato dalla prima luce, ovvero l’affetto sincero: questa la spinge ad accompagnare Noemi e a diventare parte della sua storia, della sua religione.
Ester eleva una preghiera di supplica al Dio dei suoi Padri per scongiurare lo sterminio definitivo della stirpe del suo popolo per mano di Aman, funzionario influente del re Artaserse. La preghiera di supplica è una delle preghiere che si possono elevare a Dio: non è lamentela, semmai lamento per la condizione presente e la prospettiva futura assai incerta o deliberatamente nefasta; è presa di coscienza delle proprie responsabilità della condizione in cui ci si trova e richiesta di perdono, misericordia e pietà perché solo grazie all’intervento del Signore si potrà cambiare la situazione e il destino. Tale intervento sarà, per Ester, sostenere la sua fede e la sua testimonianza di fronte al re.
Zaccaria ed Elisabetta hanno reazioni differenti di fronte al grande dono che viene concesso, quello di avere un figlio nonostante la sterilità e la vecchiaia: Zaccaria aveva le carte in regola per poter credere all’angelo e al suo annuncio (uomo giusto, timorato di Dio, amante di sua moglie, saggio per esperienza e per età riceve il messaggio durante il suo turno sacerdotale nel tempo compiendo l’offerta per l’incenso); Elisabetta ha sempre pregato, in cuor suo, che il Signore non avrebbe potute rimanere sordo per sempre di fronte alla loro richiesta (la preghiera silenziosa, la “preghiera del cuore” e la fede profonda nel Dio dei Padri l’ha sostenuta). E così ecco che Elisabetta esclama, come professione di fede: “Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini”.
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